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Tra arte e tecnologia: come smontare un’immagine?

Riccardo Falcinelli insegna Psicologia della percezione presso la facoltà di Design ISIA di Roma ed è uno dei piú apprezzati visual designer italiani. I suoi studi percettivi e la sua sensibilità visiva e descrittiva permettono al lettore di entrare in mondi solo apparentemente conosciuti, indagandone da protagonista i segreti e le “astuzie” artistiche.

In “Figure. Come funzionano le immagini dal Rinascimento a Instagram” (da pochissimi giorni in libreria grazie a Einaudi) si parte per un lungo e affascinante viaggio ricco di scoperte e intuizioni, si riscoprono con occhi nuovi prospettive che vanno oltre la storia e l’arte. Perché indagano l’umano.

Sono 501 le immagini proposte, alcune delle quali scattate dallo stesso autore: dal Guercino a Manet, da fotogrammi di “Via col vento” alle pitture rupestri di 15mila anni fa, da Botticelli a foto tratte da iStock. Antico e contemporaneo che si fondono in una danza che ha un unico fil rouge: il modo di rappresentare il mondo e noi stessi.

Tutte le immagini non hanno didascalia: “[…] prima che esempi d’arte, le opere sono considerate come testimonianze di meccanismi e di modi di ragionare. Per questo motivo la maniera in cui il volume è impaginato è già un punto di vista sul suo argomento”, spiega l’autore. E ha ragione. La questione, soprattutto dal punto di vista di discipline come la comunicazione e il marketing, risiede infatti nella selezione e nel punto di vista adottato dall’autore dell’opera, sia essa una foto, un quadro o un testo pubblicitario.

Allora il valore aggiunto del libro è educare, con dolcezza e naturalezza, l’occhio di chi guarda; fornire gli strumenti necessari per smontare ciò che guardiamo e leggiamo su una tela del ‘700 o su un social. Non c’è differenza, perché da una parte ci siamo sempre noi e dall’altra chi ha concepito il messaggio (iconografico o meno).

Le parole scelte da Falcinelli per accompagnare le immagini scorrono con fluidità e allo stesso tempo con precisione scientifica: nulla è fuori posto, tutto è necessario per capire.

“Recenti studi condotti con la risonanza magnetica hanno evidenziato come le rappresentazioni figurative attivino nel cervello sia le aree visive sia quelle deputate a elaborare i significati e il linguaggio, fatto che coi dipinti accade in maniera diversa e meno marcata” spiega il Falcinelli psicologo. Cosa vuol dire? Che tutto dipende dalla nostra prospettiva, dalla nostra distanza o vicinanza dal messaggio dell’autore: “Certo, sul piano storico Monet ci appare senza dubbio un innovatore (il confronto qui è con Bouguereau, ndr), ma questo non può essere l’unico parametro con cui apprezzare i quadri, si finirebbe a parlare di arte come si fa con la tecnologia, entusiasmandosi solo per il progresso. Sarebbe un peccato. E non vedremmo niente”.

Annalisa D’Errico

Giornalista e comunicatrice pubblica

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