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A scuola di coronavirus

“Sebbene dalla trasformazione digitale stiano emergendo svariate opportunità, attualmente il rischio maggiore è dato da una società scarsamente preparata per affrontare il futuro. Se l’istruzione è chiamata ad essere la struttura portante della crescita e dell’inclusione nell’UE, è essenziale preparare i cittadini a sfruttare al massimo le opportunità e ad affrontare le sfide poste da un mondo globalizzato, interconnesso e in rapida evoluzione”.

Una premessa necessaria, questa, contenuta in una comunicazione della Commissione europea sul piano d’azione per l’istruzione digitale.

In giorni come questi, convulsi e ansiogeni a causa del coronavirus, in cui alcuni media alzano i toni dell’informazione per tentare di vendere qualche copia in più o per attirare più traffico sui propri siti, in cui fare informazione corretta e univoca sembra essere un’impresa titanica, in cui le notizie delle fonti ufficiali vengono fagocitate da fake news e meme vari e in cui l’ordine delle emergenze viene messo costantemente in discussione, parlare di educazione al digitale e di un uso corretto delle tecnologie sembra essere l’unica strada per interpretare il bombardamento informativo a cui siamo sottoposti.

Saper decifrare, con consapevolezza e lucidità, la mole di news che ci arrivano dai social e dai più diversi siti è da sempre la chiave di volta durante qualunque indigestione mediatica. Ricordate, ad esempio, le discussioni antivaccinismo no-vax?

“In Europa oltre l’80 % dei giovani utilizza Internet per le attività sociali – continua la Commissione europea nel suo report del 2018 -. L’accesso a Internet sui dispositivi mobili è considerevolmente aumentato negli ultimi anni. Ma l’utilizzo delle tecnologie per scopi didattici non è andato di pari passo. Non tutte le scuole primarie e secondarie nell’UE dispongono di connessioni a banda larga e non tutti gli educatori possiedono le competenze e la dimestichezza necessarie per l’utilizzo degli strumenti digitali a supporto dell’insegnamento”.

Occorre potenziare insomma l’approccio al digitale delle scuole, accrescendo da un lato la struttura tecnologica e dall’altro formare il corpo insegnati. L’obiettivo è educare cittadini consapevoli, in grado di governare strumenti e contenuti, adottando anche semplici accorgimenti di “media education” che permettano di combattere i pregiudizi o le notizie false, rispettando la privacy delle persone e la riservatezza dei dati. L’obiettivo è quello di acquisire un pensiero critico e di muoversi nell’ambiente digitale in modo competente. E con umiltà. Lasciando agli esperti riconosciuti il dovere di informare, un dovere derivante dalla competenza e dall’esperienza.

La sicurezza, soprattutto in ambito sanitario, per essere garantita ha bisogno di avere il campo libero da condizionamenti e necessita di obiettivi trasparenti votati solo alla formazione e alla vera informazione.

È di qualche giorno fa la notizia che in Cina 180 milioni di studenti sono tornati a scuola. Online. E che anche nell’istituto tecnico “E. Tosi” di Busto Arsizio le lezioni per tutti gli studenti si stanno effettuando in maniera virtuale. Il post su Facebook della dirigente è emblematico. “Nonostante il coronavirus, noi crediamo nella scuola”.

Annalisa D’Errico

Giornalista e comunicatrice

Photo by Jon Tyson on Unsplash

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