Una nuova rubrica per TBNDonna
Quando parliamo di comunicazione, cosa intendiamo? Del concetto base che vuole che un’informazione venga trasmessa da una emittente a un ricevente?
Quante interferenze riscontriamo tutti i giorni nelle nostre conversazioni in famiglia, sul lavoro, con amici o conoscenti? Quanti messaggi falsati, mal percepiti, indecifrabili a causa di un’inappropriata metodologia comunicativa, spesso abbinata a un preconcetto ideologico in chi parla o in chi ascolta?
Per l’emittente sembra che non sia sempre necessario presentare tutti gli elementi per far decodificare il messaggio, ipotizzando che il ricevente possieda il suo stesso punto di vista o il suo stesso background culturale e sociale.
Per il ricevente c’è invece spesso l’arroganza o la falsa consapevolezza di conoscere già il messaggio a priori o di saperlo in qualche modo interpretare autonomamente, senza gli strumenti adeguati.
Con queste premesse difficilmente potrà esserci un dialogo efficace, soprattutto tra persone che si conoscono da tempo e che, quindi, hanno già un importante bagaglio comunicativo comune.
Non a caso, all’inizio di ogni nuovo rapporto interpersonale, l’apertura al dialogo e all’ascolto è sempre maggiore: si vuole davvero scoprire, imparare, sapere, conoscere il punto di vista dell’altro. Senza preconcetti e senza filtri, in modo che il messaggio ci giunga il più possibile chiaro e vero.
Passare da monologhi ripetuti in agorà tanto reali quanto virtuali a dialoghi efficaci che permettano di comprendersi in modo più empatico: questo l’obiettivo a cui dovrebbero tendere tutti i tipi di rapporto, soprattutto quelli genitori-figli e uomo-donna. E questo perché, come dice Italo Calvino: “Il problema è capirsi. Oppure nessuno può capire nessuno: ogni merlo crede d’aver messo nel fischio un significato fondamentale per lui, ma che solo lui intende; l’altro gli ribatte qualcosa che non ha relazione con quello che lui ha detto; è un dialogo tra sordi, una conversazione senza capo né coda.
Ma i dialoghi umani sono forse qualcosa di diverso?”
Annalisa D’Errico
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