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La rana bollita

Ciao Ragazze, eccoci nuovamente, come state? Avete provato a fare qualche esercizio sulle diverse tipologie di comunicazione? Io per esercitarmi, quando mi accordo di non essere stata assertiva, mi fermo, mi segno la frase che ho usato e provo a riscriverla come se fosse un compito di grammatica. All’inizio non sarà naturale, ma piano piano farà sempre più parte di noi e vedrete che i rapporti cambieranno. Fatemi sapere come va.

Oggi invece, come promesso, vi parlo di cucina e vi riporto la ricetta: immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita. Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.

Ciò che vi ho raccontato risulta essere un po’ triste lo so, purtroppo nasce da una ricerca condotta dal John Hopkins University nel 1882 ed è stata utilizzata dal filosofo americano Noam Chomsky. Ovviamente non voglio fare del sarcasmo su questa ricerca, anzi mi spiace molto per la rana; certamente però questa triste storia ci può insegnare molto.

Abbiamo parlato spesso di abitudini, queste fanno parte della nostra vita e, a volte, ci accorgiamo non essere utili ma comunque continuiamo a non cambiare e a sopportare quel piccolo dolore a loro collegato.
Sopportiamo perché “così deve essere”, “così è la vita”.

Oggi invece vi dico no! La rana ci insegna. Se fosse stata buttata in quel dolore tutto in un colpo, sarebbe rimbalzata lontano da quel dolore.

Adattarsi non è sempre la scelta migliore, anzi, generalmente è la peggiore.

Questo atteggiamento ci porta a piccoli dolori e frustrazioni che poi con il tempo ci causano insoddisfazione. Avete presente quando scoppiate come pentole a pressione senza che ci sia un motivo apparente? Ecco.

Questo esperimento ci insegna, però, anche qualcosa di positivo.
Vi ricordate quando parlavamo di quanta fatica si fa per farsì che una nuova attività diventi un’abitudine?

La nostra piccola ranocchia ci insegna che di un cambiamento, se fatto lentamente e in modo graduale, neanche ce ne accorgiamo e diventa parte di noi.

E voi che ne pensate? Rifletteteci.

Saluti dalla vostra Coach Manuela

 

Articolo disponibile anche su: https://oltreildato.it/2018/01/21/la-rana-bollita/

Photo by Léa Dubedout on Unsplash

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